Fu una pioggia estiva del 1815 che, secondo la leggenda, rovinò quella partita di tabacco Kentucky lasciata a riposare nell’ex convento di Santa Caterina, a Firenze. Il fatto avrebbe potuto trasformarsi in un dramma e così, per non attirarsi le ire del granduca di Toscana Ferdinando III, il direttore delle Manifatture Tabacchi decise di recuperare quelle foglie rifermentate per farne sigari piccoli e bitorzoluti da vendere a basso costo. Nessuno seppe mai se il merito fu dell’affumicatura con legno di rovere – lo stesso usato per affinare il vinsanto della Valdichiana – o del suo gusto ruvido e forte – frutto della seconda fermentazione – ma quel sigaro conseguì subito un grande successo nei quartieri popolari di Oltrarno. Tanto che nel 1818 lo “stortignaccolo”, come usavano chiamarlo affettuosamente i fiorentini di una volta, era già in vendita e molto apprezzato.
All’epoca, tuttavia, nessuno poté immaginare che il neonato Toscano sarebbe arrivato sulle labbra di statisti, condottieri, artisti quali Winston Churchill, Giuseppe Garibaldi, Mario Soldati e Amedeo Modigliani. “Un sigaro toscano ed un titolo di cavaliere non si negano mai a nessuno!”, disse nel 1850 Camillo Benso, Conte di Cavour.
“Fumare il Toscano è una goduria greve e forte, del tutto priva di frivole moine”, ha affermato in tempi più recenti il giornalista Gianni Brera. Sergio Leone arrivò persino a scritturarlo nella celebre Trilogia del dollaro. Testimoni narrano che quando Clint Eastwood lo implorò di eliminare il sigaro dalla sceneggiatura dei suoi film, Leone rispose: “Perché vuoi lasciare a casa il protagonista?”.
Non solo illustri personaggi del passato, il Toscano conserva ancora oggi una folta schiera di estimatori, molti dei quali frequentano il club del sigaro “Maledetto Toscano”, nato a Pienza nel 1999 per esaltare il potere meditativo del fumare. Il club, su proposta di Slow Food, si è anche assunto l’incarico di tenutario del presidio del sigaro Toscano Extra-Vecchio.
Compagno di lunghe e profonde meditazioni, il Toscano è tradizionalmente abbinato ai distillati: scelta corretta ma non esclusiva. Molti estimatori stanno infatti scoprendo le sinergie che possono nascere con un buon vino. Ogni sigaro ha il suo carattere: se con un aromatizzato può essere sufficiente un calice di bollicine, solo un vinsanto potrà tenere testa all’esuberanza di un Extra-Vecchio.
Oggi il cuore della manifattura del Toscano è Lucca, dove i sigari sono ancora prodotti a mano: circa 3 milioni di pezzi l’anno su un totale di 180 milioni. Il lavoro delle sigaraie, rimasto pressoché identico da più di 200 anni, è trasmesso spesso di madre in figlia: servono 18 mesi di apprendistato prima che una di loro possa confezionare con le proprie mani il famoso “stortignaccolo”.
Il mese di Marzo 2017, a distanza di secoli dal primo esemplare, ha visto i natali del nuovo sigaro “Granduca di Toscana Cosimo I” che celebra le origini del tabacco toscano. Fu infatti Cosimo I de Medici a consentirne la coltivazione nel 1560 nella zona dell’Alta Tiberina, considerata ancora oggi una delle più produttive d’Italia. Probabilmente nemmeno lui immaginò che quei semi, ricevuti in regalo dal nuovo mondo, tanto avrebbero fatto parlare della sua terra.
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